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I graffiti tutelati nei centri sociali occupati. E chiudono le gallerie d’arte.

22.08.2025

C'è qualcosa che stride nel provvedimento che tutela dei graffiti all'interno di un centro sociale occupato a Milano. Non vorremmo che ci sia ancora la politica di mezzo.

di Davide Tedeschini

Molte gallerie hanno chiuso in Italia, secondo alcuni hanno chiuso 'tutte' le gallerie. La politica ha esercitato e ancora esercita una concorrenza tangibile nei confronti di tutti quei musei e gallerie private che pagano le tasse immobiliari, la luce, le pulizie, la nettezza urbana. E' dell'ultima ora la notizia che a seguito dello sgombero del Leoncavallo (centro sociale occupato a Milano) vi sono dei dipinti murali che risultano sottoposti a tutela dalla Soprintendenza lombarda. E alle gallerie d'arte private che tipo di tutela viene riservata? Nessuna: le gallerie stanno chiudendo.

Capitava fino a qualche anno fa ancora di incontrarne alcune, prestate per sottoscrizione a giovani studenti e appassionati, dilettanti e professionisti emergenti. Tra di loro anche artisti veri alla ricerca di una location dove poter allestire una mostra monografica, l'ambitissima mostra personale, con catalogo e pubblicità, senza alcun pregiudizio di sorta, a prescindere da investiture tramandate, amicizie politiche o ricchezza. Tra di loro professori e intellettuali dell'accademia di bb.aa. esclusi dal sistema clientelare cucito nelle maglie del tessuto sociale, dalle redazioni alle mostre biennali e quadriennali, passate alla storia per i loro allestimenti, pubblicate dagli stessi editori e studiate nella stessa facoltà: un circolo chiuso già ai suoi esordi coltivava l'occupazione delle istituzioni pubbliche. Ma c'era anche il mercato libero dell'arte, le vendite occasionali e l'affitto di sale espositive, le gallerie e centri culturali indipendenti,  piccole gallerie e circoli privati così come i piccoli editori. Chiunque avesse voluto avrebbe potuto esporre fino a pochi anni fa in alcune di quelle gallerie sopravvissute a una sorta di embargo culturale: ora queste gallerie hanno in parte chiuso i battenti,  a Milano, a Roma, a Parigi e in altre capitali europee.

Spazi per certi versi 'sacri', in quanto sottratti all'uso sia politico che al consumo esclusivamente monetario delle grandi case d'asta o alle mode dell'industria del pensiero massificato di una società occidentale al tramonto, che rinnega la propria storia intellettuale.

La vera sfida per gli artisti, i curatori e il pubblico era navigare in questo sistema duale, cercando di comprendere il valore di un'opera d'arte al di là delle sue quotazioni di mercato o della sua provenienza politica, rispettando anche chi fa cultura fuori dai contesti specifici come quelli del centro sociale occupato. Ma questo sistema sembra crollare se lo Stato va a tutelare solo alcuni o una parte di questo mondo. Ora le gallerie chiudono mentre alcuni ricevono la tutela, addirittura il vincolo paesaggistico con una legge regionale. Forse c'è qualcosa che non va nel nostro modo di pensare e fare cultura. Forse manca il rispetto, forse la democrazia, forse la politica non fuziona o funziona -come alcuni sospettano- solo per alcuni.