Viaggio nel Surrealismo: psicologia, radici letterarie ed eredità

di Davide Tedeschini*
I Manifesti del Surrealismo del 1924 di André Breton (Tinchebray 1896 - Parigi 1966) divengono portavoce di opere d'arte casuali, automatiche, fotografiche e di nuove tecniche come gli assemblaggi, il fotoritocco e le sovrapposizioni. Breton definisce il Surrealismo "un automatismo psichico puro per mezzo del quale ci si propone di esprimere, o verbalmente, o per iscritto, o in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero. Dettato dal pensiero, in assenza d'ogni controllo esercitato dalla ragione, al di fuori d'ogni preoccupazione estetica o morale" (Breton, 1924).
Anche se tanti romanzi sul viaggio, il sogno e la metamorfosi possono suggerire qualche affinità con il Surrealismo, l'ispirazione pre-surrealista prende ispirazione da opere ed autori che esplorarono in profondità i meccanismi della memoria, come Alla ricerca del tempo perduto (1913-1927) di Marcel Proust, dove il ricordo involontario e la riemersione di mondi interiori attraverso le sensazioni (come la 'Madeleine', ossia un richiamo involontario e vivido alla memoria scatenata da un sapore, un odore o un altro stimolo sensoriale apparentemente insignificante), anticipano il primato surrealista del subconscio.
Marcel Duchamp, uno degli interpreti del movimento, prende ispirazione dagli scritti di Raymond Roussel Locus Solus (1914) e Impressioni d'Africa (1910), nei quali la 'Madeleine' e gli ingranaggi meccanici assumono un ruolo centrale; così come in Salvador Dalí - quest'ultimo celebre per il suo metodo paranoico-critico- vi è un approccio alla follia e alla realtà che riecheggia nel Don Chisciotte della Mancia (1605) di Cervantes.
Un'influenza cruciale è stata esercitata dalla negazione radicale della morale e della ragione presente ne I Canti di Maldoror (1869) di Lautréamont (opera considerata un testo fondamentale dell'estetica surrealista), così come l'orrore psicologico e le macabre immagini di Edgar Allan Poe o le atmosfere oniriche e la dissoluzione della realtà tipiche di Gérard de Nerval (con i suoi Sonnets du Mystique o Aurélia (1855).
In verità anche i romanzi di Arthur Conan Doyle, per lo stile investigativo e di suspense o gli scritti del Marchese de Sade, per la sua esaltazione della trasgressione radicale, della libertà totale dell'erotismo e della brutalità, sono considerati appendici dell'automatismo surrealista.
L'interesse per l'onirico e la modernità, come espresso da Charles Baudelaire ne I Fiori del Male (1857) e ne I Paradisi artificiali (1851), funge da ponte tra la poesia ottocentesca e l'esplorazione surrealista dell'inconscio.
Anche se l'eterogeneità del movimento ne complica la comprensione, possiamo individuarne l'unicum come duplice opposizione al formalismo e al naturalismo.
Libertari e selvaggiamente utopisti, i surrealisti rivendicano in pari tempo il diritto di trascendere il reale e quello di penetrare, per dirla con Max Ernst: "al di là della pittura".
Segnata fin dal principio dal marchio del casuale, l'avventura introspettiva afferma il suo carattere sperimentale inventando una serie di tecniche nelle quali la provocazione della casualità si fa strumento di suggestione. Verranno usate tecniche quali: il frottage, il grattage, il fumage (tecniche di raschiamento e affumicatura), la decalcomania, il dripping, cioè il versamento di colore liquido.
Man Ray, nato Emmanuel Rudnitzky (Filadelfia, 1890 – Parigi, 1976) è tra gli inventori di alcune tecniche fotografiche come la solarizzazione e il radiogramma (procedimenti di esposizione della lastra fotografica alla luce), che serviranno di volta in volta alla realizzazione plastica del concetto centrale di scrittura automatica. Invece il collage e suoi derivati come l'immagine sdoppiata, il 'cadavre exquis', il fotomontaggio, il ready made, l'objet trouvé, esplorano l'estensione feconda di un'altra nozione chiave, quella di 'incontro', come concetto alchemico, che avrà successivamente i suoi decorsi nell'antropologia culturale.
La gamma dei risultati formali, in tutta la sua diversità è chiaramente determinata in buona parte dal ricorso a questo o quel procedimento e non ha gerarchia dei valori, se non quello della narrazione autobiografica, relativa al concetto di 'incontro' duchampiano.
Il Surrealismo rompeva con qualsiasi atteggiamento, sia utilitaristico che di rappresentazione, nei confronti dell'arte e analogamente alle avanguardie dei primi del '900 tendeva all'assunzione di una posizione politica, perché come anche Walter Benjamin notò "attraverso la distrazione, quale è offerta dall'arte, si può controllare di sottomano in che misura l'appercezione è in grado di assolvere compiti nuovi. Poiché del resto il singolo sarà sempre tentato di sottrarsi a questi nuovi compiti, l'arte affronterà quello più difficile e più importante quando riuscirà a coinvolgere le masse". (in Benjamin, W. L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, (1940)).
E continua: "Attualmente essa fa questo attraverso il cinema. La ricezione nella distrazione, che si fa sentire in modo sempre più insistente in tutti i settori dell'arte e che costituisce il sintomo di profonde modificazioni dell'appercezione, trova nel cinema lo strumento più autentico su cui esercitarsi. Grazie al suo effetto di shock il cinema favorisce questa forma di ricezione.
Il cinema svaluta il valore cultuale non soltanto inducendo il pubblico a un atteggiamento valutativo, ma anche per il fatto che al cinema l'atteggiamento valutativo non implica attenzione. Il pubblico è un esaminatore, ma un esaminatore distratto". (in idem).
L'anarchismo dell'arte emerge invece più precisamente nella Prefazione alla Posizione politica dei manifesti del Surrealismo (1935): "[…] senza giungere a voler parafrasare una tetra battuta: "com'era bella la repubblica sotto l'impero" credo che si possa trovare nostalgia per l'epoca già lontana che va dalla fondazione della Prima Internazionale ai primi giorni di stabilizzazione del potere sovietico […] la teoria marxista della rivoluzione non avendo ancora affrontato la prova dei fatti, godeva di un prestigio crescente proprio in quanto muovendo dalla soluzione meno imperfetta del problema sociale che fino a quel momento fosse stata proposta, serbava la massima capacità di adattamento agli avvenimenti ulteriori, usufruiva di una forza dinamica senza precedenti" (Breton, A. Manifesti del Surrealismo, ed. Piccola Biblioteca Einaudi, 2003).
Destinato a sopravvivere a Stalin e divenire matrice dell'arte contemporanea, i fautori del Surrealismo verranno avversati dai regimi totalitari come nemici politici.
In considerazione degli avvenimenti e della fine della fase politica del Surrealismo, va detto che esso può essere interpretato come forma di fallimento della sua 'normalizzazione', analogamente ai concetti esposti da Antonin Artaud nel suo Van Gogh, il Suicidato della società (1947), in cui si respinge l'idea che Van Gogh fosse un 'pazzo' che si è suicidato per follia, ma che invece è stata la società a 'suicidare' Van Gogh, il quale aveva osato svelare, attraverso la sua arte (il suo pensiero), le verità scomode e la malattia della società stessa, che vuole costringere alla normalità borghese e razionale.
L'affinità del Surrealismo con la psicanalisi non verrà accettata da Freud, come è stato detto, che non ne riconoscerà la paternità, anche solo putativa, perché poneva paziente e medico sullo stesso livello, come nell'acting out del paziente nei confronti del dottore. Freud era concentrato sulla differenza tra paziente e dottore: l'obiettivo dell'analista è creare un setting (ambiente) in cui il paziente, ripeta inconsciamente i suoi traumi e conflitti passati nella relazione con il medico, tramite il transfert, una sorta di 'innamoramento'. L'acting out è l'azione improvvisa e impulsiva, esterna o interna alla seduta, con cui il paziente mette in atto un ricordo o una fantasia invece di raccontarla o associarla verbalmente. Freud vedeva l'acting out come una resistenza al processo analitico e al ricordo, un modo per scaricare l'emozione impedendo l'elaborazione cosciente del conflitto.
Il Surrealismo, dal punto di vista freudiano, non era un metodo per comprendere l'inconscio, ma per manifestarlo in modo grezzo e non elaborato, saltando proprio la fase essenziale di rielaborazione cosciente che l'analisi si propone mirando solo all'acting out, senza medico. Ad esempio, un'affermazione teorica e provocatoria contenuta nel Secondo Manifesto del Surrealismo (1930), di Breton era questa: "L'atto surrealista più semplice consiste nel discendere in strada con la rivoltella in pugno e sparare a caso, finché si può, nella folla."
Così anche se Freud non riconobbe il movimento come proprio erede, esso è riconosciuto come legato alle sue teorie sull'inconscio, all'interpretazione dei sogni e all'automatismo psichico, che divennero le fondamenta su cui i Surrealisti costruirono la loro estetica. L'obiettivo era liberare la mente dalle convenzioni della ragione e della morale, per esplorare le forze profonde e irrazionali dell'essere umano. La scrittura automatica, per esempio, era un tentativo di tradurre direttamente il flusso di pensiero inconscio in parole o immagini, senza la mediazione della razionalità, così anche nelle arti figurative il Surrealismo ebbe tantissimi sviluppi.
Oltre ai nomi centrali, come Salvador Dalì (Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalí i Domènech, Figueres 1904 – 1989), universalmente noto per le sue immagini oniriche e bizzarre—come gli orologi molli—e per la sua inconfondibile eccentricità, il movimento surrealista si arricchì del contributo fondamentale di figure che ne ampliarono l'orizzonte estetico e tematico. Si annoverano tra i pittori, Francis Picabia (Parigi 1879 – 1953), la cui opera esplorò il tema delle macchine e dell'automatismo grafico, contribuendo alla fluidità dei mezzi espressivi; il catalano Joan Miró (Barcellona 1893 – Palma di Maiorca 1983) uno dei più grandi astrattisti del Novecento al pari di Kandinsky e Mondrian, esplorò il subconscio e l'infanzia attraverso simboli organici e forme biomorfe dal lirismo unico, mentre il belga René Magritte (Lessines 1898 – Bruxelles 1967), di stile realista, sfidò la percezione e il linguaggio con immagini enigmatiche, mettendo in discussione la relazione tra l'oggetto e la sua rappresentazione; Yves Tanguy (Parigi 1900 – Woodbury, Connecticut 1955), invece, dipinse vasti paesaggi onirici popolati da forme indefinite, incarnando l'automatismo puro.
La scultura vide l'apporto iniziale dello svizzero Alberto Giacometti (Borgonovo di Stampa 1901 – Coira 1966), con opere come Palla sospesa (1930-31) e la provocazione di Meret Oppenheim (Berlino 1913 – Berna 1985), il cui assemblaggio Tazza da tè in pelliccia (1936) sintetizza l'incontro casuale tra organico e quotidiano.
La dimensione più oscura e trasgressiva del feticismo e della frammentazione fu esplorata da Hans Bellmer (Katowice 1902 – Parigi 1975), con le sue inquietanti sculture e fotografie di bambole snodabili.
Un ruolo cruciale ebbero le fotografe Dora Maar (Parigi 1907 – 1997), nota per i suoi fotomontaggi e la documentazione delle tecniche e Claude Cahun (Nantes 1894 – Saint Helier 1954), che utilizzò l'autoritratto per indagare l'identità di genere, tema caro al movimento.
A livello letterario, poeti come Paul Eluard (Saint-Denis 1895 – Charenton-le-Pont 1952) e René Char (L'Isle-sur-la-Sorgue 1907 – Parigi 1988) furono figure essenziali del nucleo originario, contribuendo con poesie che incarnavano la libertà e la radicalità dell'espressione surrealista.
La grande influenza del Surrealismo si estese anche al cinema: Luis Buñuel (Calanda 1900 – Città del Messico 1983), con film fondamentali come Un chien andalou (1929) e L'âge d'or (1930), entrambi realizzati in collaborazione con il pittore Salvador Dalí, portò sullo schermo il sogno e l'inconscio con intento dissacratorio. Le sue tecniche e tematiche influenzarono profondamente registi successivi: Alfred Hitchcock (Leytonstone, 1899 – Los Angeles, 1980) ne assimilò l'ossessione per l'onirico e la psicoanalisi: celebre la sequenza onirica disegnata da Dalí in Io ti salverò - (1945) dello stesso regista.
Il Surrealismo ha esercitato un condizionamento pervasivo e globale sulla cultura visiva e letteraria, trascendendo i suoi membri fondatori. La sua influenza è evidente non solo in artisti vicini al movimento, ma anche in altri, come Pablo Picasso, che flirtò con le tematiche surrealiste e l'iconografia del mostruoso, soprattutto negli anni '30 e Paul Klee, che espose alla prima mostra surrealista e la cui opera è ricca di simboli onirici.
In particolare, il Surrealismo fu fondamentale per la Scuola di New York e l'Espressionismo Astratto americano degli anni '40 e '50, soprattutto in Pollock e Gorky, che ne assorbirono il concetto di automatismo psichico e l'attenzione per l'inconscio.
Successivamente la poetica della Pop Art, basata su oggetti popolari, può essere considerata una branca del Surrealismo, così come il New Dada di Rauschenberg e 'tutte' le correnti del dopoguerra.
*docente